Fantasy
Fantascienza
Drammatico
28/05/2025
Il primo raggio di sole, filtrando tra le lamelle semichiuse della persiana, non toccava mai direttamente la faccia di Kenji. Si posava invece, con una precisione quasi chirurgica, sull'angolo del comodino dove giaceva la sua copia di “Sette Brevi Lezioni di Fisica”. Ogni mattina, era lo stesso balletto di luce e ombra, un piccolo rito non negoziabile. Kenji si stiracchiava, un rumore secco e soddisfatto delle vertebre, e lasciava che il silenzio, leggermente ovattato dal traffico ancora addormentato della città, si insinuasse nel suo piccolo appartamento. Non era un silenzio assoluto, piuttosto un accordo minore suonato da lontano, una sorta di ronzio cosmico che a volte sembrava quasi una melodia. Si alzava senza fretta, i piedi nudi sul parquet freddo, e si dirigeva in cucina. Il caffè, macinato fresco ogni sera, era già pronto nella moka. Il profumo amaro e terroso si diffondeva lento, mescolandosi all'odore di vecchio legno e carta che Kenji si portava addosso dalla libreria antiquaria dove lavorava. La sua vita era un susseguirsi di piccole, rassicuranti abitudini. La colazione: due fette di pane tostato, marmellata di arance amare, e il caffè nero. Sempre lo stesso programma alla radio: un notiziario mattutino seguito da un'ora di musica jazz degli anni '50. Oggi, era Chet Baker. La tromba malinconica riempiva l'aria, e Kenji si ritrovò a fischiettare la melodia mentre lavava la tazza. La libreria, "Libri Sospesi", era a una quindicina di minuti a piedi. Kenji amava quel tragitto. Amava il modo in cui il quartiere si risvegliava, le prime saracinesche che si alzavano con un cigolio, il profumo del pane fresco che usciva dal panificio all'angolo. Oggi, però, c'era qualcosa di leggermente diverso. Passando davanti al solito albero di ginkgo biloba, quello con i rami che sembravano mani artigliate, notò che una delle foglie, incredibilmente, era blu cobalto. Non un blu sbiadito dal tempo o dalla malattia, ma un blu profondo, vibrante, come l'inchiostro di una penna stilografica di lusso. Si fermò, inclinò la testa, quasi a controllare la luce. No, era decisamente blu. Scosse la testa, sorridendo tra sé. "Un effetto di luce", si disse. "O forse non ho dormito abbastanza." Entrando in libreria, il familiare profumo di carta ingiallita, cuoio e un sentore appena percettibile di polvere lo avvolse. La libreria era un labirinto di scaffali alti fino al soffitto, pieni di volumi rilegati in pelle, edizioni rare, e polverosi tomi di ogni genere. La signora Tanaka, la proprietaria, era già dietro il bancone, immersa nella lettura di un romanzo russo. Sollevò lo sguardo, sorridendo. "Kenji, puntuale come sempre. Ho avuto un sogno strano stanotte." "Oh? E di cosa si trattava?" chiese Kenji, posando la sua borsa dietro il bancone. "C'era una fontana," disse la signora Tanaka, gli occhi semichiusi come se stesse ancora vedendo la scena. "E invece di acqua, sgorgavano piccoli orologi. Tutti uguali, ticchettanti, ma con le lancette che giravano all'indietro." Scoppiò in una risata leggera. "Il subconscio, che strani scherzi che fa, non trovi?" Kenji annuì, ma sentì un leggero brivido lungo la schiena. Orologi che girano all'indietro. Non era la prima volta che la signora Tanaka raccontava sogni vividi e bizzarri. Era una di quelle persone che sembrava vivere con un piede nel mondo reale e uno in qualche dimensione parallela. La giornata trascorse lenta, scandita dal fruscio delle pagine, dal crepitio del vecchio riscaldamento e dal tintinnio occasionale della campanella d'ingresso. Kenji riordinò la sezione di filosofia, spolverò i volumi più antichi, e aiutò un paio di clienti a trovare edizioni introvabili. Verso metà pomeriggio, mentre sistemava una pila di vecchie riviste di moda, notò un piccolo pesce rosso, non più grande di una moneta da dieci yen, che nuotava tranquillamente nell'acquario sulla copertina di una rivista del 1978. La rivista era intitolata “Le Tendenze dell'Autunno”. Kenji sbatté le palpebre. Si strofinò gli occhi. Il pesce era ancora lì, muoveva le pinne con grazia, e una piccola bollicina d'aria salì dalla sua bocca. Era un disegno, certo, ma un disegno in movimento. Portò la rivista più vicino agli occhi, il cuore che cominciava a battere un po' più forte. Il pesce continuava a nuotare, sereno. Poi, con un minuscolo pop, svanì, lasciando solo l'immagine statica di un acquario vuoto. Kenji rimase immobile, la rivista in mano, il respiro sospeso. Non era un'illusione ottica. Non era la stanchezza. Un pesce. Rosso. Su una copertina. Era lì, e poi non c'era più. Sentì un'ondata di freddo, poi un leggero capogiro. La libreria, solitamente così rassicurante, sembrava ora vibrare di un'energia silenziosa, quasi minacciosa. "Kenji, hai trovato quel volume su Baudelaire?" la voce della signora Tanaka lo riscosse. "Sì, signora Tanaka," rispose Kenji, la voce un po' più roca del solito. Mise via la rivista, cercando di non attirare l'attenzione. Non era sicuro di come avrebbe spiegato un pesce che nuotava su una copertina. La sera, sulla via del ritorno, il cielo era di un rosa acceso, quasi violento, un colore che Kenji non ricordava di aver mai visto prima. Le ombre degli edifici si allungavano, distorcendo la realtà in forme grottesche. Passò di nuovo davanti all'albero di ginkgo. La foglia blu cobalto non c'era più. Al suo posto, una foglia normale, di un verde spento, quasi triste. Ma in quel punto esatto, Kenji avvertì una leggera pulsazione nell'aria, come un battito cardiaco invisibile. Era sottile, quasi impercettibile, ma era lì. Arrivato a casa, si preparò la cena in automatico: spaghetti al pomodoro, il suo piatto preferito. Si sedette al tavolo, ma l'appetito era svanito. Il libro di fisica sul comodino sembrava fissarlo con un'aria di sfida. Pensò al pesce, alla foglia blu, ai sogni della signora Tanaka. Il mondo, il suo mondo ordinario e prevedibile, stava iniziando a scivolare via, come sabbia tra le dita. Non era un'ondata violenta, piuttosto un lento, inesorabile scivolamento verso qualcosa di sconosciuto. Sentì un misto di paura e, stranamente, una sottile, quasi impercettibile, eccitazione. La musica jazz era finita ore fa, ma nelle sue orecchie risuonava ancora quella tromba malinconica di Chet Baker, un lamento che si trasformava piano piano in un'inquietante melodia, un invito verso un mondo che non aveva mai saputo esistesse. E Kenji, nonostante tutto, si chiese dove l'avrebbe portato quel suono.